domenica 11 maggio 2008

dobbiamo per forza chiamarla "Ippoterapia?"

L'Equitazione è uno sport completo e complesso, autoeducante ed autoallenante, non necessita cioè di esercizi fuori contesto propedeutici, (come ad esempio quelli a secco in piscina) ma tutta la crescita atletica può, o meglio dovrebbe essere svolta in situazione, rivolgendosi costantemente al binomio cavallo/cavaliere.
Mentre nelle altre discipline sportive l'allievo ha un rapporto diretto ed esclusivo con il suo Istruttore, che gli insegna l'uso degli attrezzi specifici, in Equitazione il rapporto inevitabilmente prioritario è quello tra l'allievo e il cavallo, che è un essere vivente dotato di personalità propria; l'Istruttore diventa quindi un mediatore nella comunicazione tra il cavallo e il cavaliere.
Per dare il giusto valore a questo tipo di affermazione, senza correre il rischio troppo frequente di antropizzare l'animale, è necessario conoscere le caratteristiche base del comportamento del cavallo. Questo è un animale erbivoro, obiettivo primario dei predatori, non è un animale da tana e, pertanto, non può trovare rifugio in caso di minaccia, è invece un animale da prateria, che vive (o meglio dovrebbe vivere) in spazi aperti, quindi l'unica possibilità di difesa che ha è la fuga. Per rendere efficace questa sua unica difesa, deve avere la possibilità di correre velocemente e quindi deve avere una grande potenza muscolare, ma questa non sarebbe sufficiente senza una immediata reazione al pericolo, per questo è sempre in tensione, pronto a cogliere anche piccolissimi rumori o movimenti che a noi umani lasciano indifferenti, sempre pronto a fuggire; questo stato mentale si può definire tranquillamente stato d'ansia, in natura il cavallo delega la gestione della propria ansia al cavallo dominante che è il capo branco. Il capo branco, che è tale per riconosciute ed indiscutibili doti psicofisiche vigila sul suo branco, lancia i segnali di allarme, di distensione, raduna il branco e lo guida in tutte le sue funzioni, interviene a mantenere gli equilibri sociali del branco stesso, perché la vita si svolga in armonia tra loro e con l'ambiente che li circonda; anche le lotte per il potere e la conquista delle femmine da parte dei giovani cavalli, per la costituzione di un nuovo branco, seguono le leggi per il mantenimento degli equilibri naturali.
In cattività vengono meno questi punti di riferimento, ma l'impronta genetica del comportamento non può venire meno e il cavallo deve trovare il suo capo branco, altrimenti è costretto ad autogestire la propria ansia e diventa intrattabile; chi può surrogare in parte il ruolo di capo branco, nella gestione dell'ansia del cavallo, è l'umano che lo cura, l'Istruttore deve essere consapevole di questa necessità del cavallo e porsi nei suoi confronti come "cavallo dominante", soltanto così ne potrà conquistare la fiducia, averne il pieno controllo e lo potrà gestire in sicurezza con i suoi allievi.
Diventa quindi estremamente importante l'empatia, in questo caso il "pensare cavallo", atteggiamento mentale dell'umano, diventa fondamentale per ottenere dal cavallo risposte efficienti ed efficaci alle richieste, in serenità, armonia e sicurezza.
Per questo parlavo dell'istruttore come mediatore della comunicazione cavallo/cavaliere, chiamato ad agire sul binomio, interpretando la comunicazione verbale e non verbale del cavaliere e contestualmente quella non verbale del cavallo che, in ogni caso, è chiarissima per un Istruttore esperto. La comunicazione non verbale è quella più importante anche tra gli esseri umani ed è certamente più chiara e sincera quella del cavallo, perché non condizionata dalle sovrastrutture culturali, sociali e cerebrali che invece ha l'umano.
Seguendo questa scuola di pensiero, che peraltro è la più moderna ed efficace, si deve cercare di ottenere dal cavallo l'esecuzione di una serie di esercizi anche complicati, chiedendoli con la persuasione e non con sistemi coercitivi, dove il rinforzo positivo deve essere al primo posto e la eventuale "punizione" deve coincidere con il mancato premio e non viceversa.
L'Istruttore che applicherà questo metodo d'insegnamento al cavallo, acquisirà una grande sensibilità nell'interpretazione del linguaggio non verbale e, con le dovute differenziazioni, potrà adottare lo stesso metodo educativo per il cavaliere, dando al rinforzo positivo l'energia di una vera e propria "molla motivazionale" che porti l'allievo ad apprendere con piacere e ad affrontare con energia ed entusiasmo anche i compiti più difficili o noiosi.
Per apprendere bene l'Equitazione è necessario lavorare su prerequisiti che in ambito sportivo sono denominati: "capacità coordinative e condizionali", come per tutte le questioni umane, si ritrovano le stesse funzioni e gli stessi concetti in ambito sportivo, clinico e/o pedagogico con diverse denominazioni, questo è il retaggio di una cultura basata sulla visione parcellizzata dell'essere umano dove la specializzazione e la ricerca scientifica di settore erano più importanti dell'oggetto di studio. Ora si cerca di riscoprire l'unitarietà dell'essere umano, integrando tra loro i risultati degli studi delle varie branche della scienza, anche perché gli stessi, ancorché settoriali, sono sovrapponibili tra loro, per il semplice motivo che l'essere umano è uno, unico ed è un tutt'uno con se stesso, quindi non è possibile, se non per pura necessità di ricerca e/o di didattica, separarne nei fatti i vari aspetti.
I prerequisiti cui ho fatto riferimento sono:
· Percezione del se corporeo; con il cavallo è possibile far percepire la differenza della massa corporea del cavaliere rispetto a quella del cavallo stesso.
· Regolazione del tono muscolare, del ritmo cardiaco e respiratorio; il movimento del cavallo induce al cavaliere il ritmo alle suddette funzioni, in casi particolari come alcuni problemi motori, o forti deficit cognitivi, è necessario che il cavallo impiegato abbia particolari caratteristiche morfologiche, motorie e un addestramento mirato.
· Equilibrio; andare a cavallo stimola inevitabilmente le reazioni d'equilibrio, in una progressione che generalmente passa da una prima fase di reazione al movimento, con risposte subliminali a "paracadute", per arrivare a più efficaci reazioni d'equilibrio, mantenendo il baricentro all'interno della base d'appoggio. Procedendo nella pratica si passa gradualmente ad una maggiore consapevolezza delle proprie reazioni e alla gestione attiva del cavallo, da questo momento in poi l'equilibrio sarà gestito e non subito, grazie alla capacità acquisita di anticipare mentalmente l'evento che provocherà una perdita d'equilibrio e operare i necessari compensi anche preventivi. In equitazione si distingue la posizione dall'assetto, definendo la posizione come la distribuzione dei segmenti corporei nello spazio, funzionale alla ricerca di un assetto corretto; mentre per assetto s'intende la capacità del cavaliere di assecondare con il proprio equilibrio gli equilibri che il cavallo andrà a prendere nello svolgimento dell'attività.
· Dissociazione e coordinazione dei movimenti; gli esercizi normalmente usati in equitazione (Monta Inglese) puntano ad ottenere una buona dissociazione dei movimenti degli arti tra loro e rispetto al tronco e a coordinarli, capacità basilari per poter "dialogare" efficacemente con il cavallo.
· Integrazione dello schema corporeo; i suddetti esercizi portano all'acquisizione di una buona integrazione dello schema corporeo e in casi come forti deficit cognitivi o motori, si possono scoprire strategie motorie alternative a quelle normalmente utilizzate, funzionali all'attività svolta.
· Organizzazione tempo - spazio; l'attività equestre si svolge normalmente in un recinto di forma rettangolare, per favorire l'apprendimento dei concetti topografici e temporospaziali.
· Comprensione e rispetto delle regole; in equitazione tutte le regole sono immediatamente riscontrabili concretamente, grazie a questo feedback immediato se ne comprende il senso, la reale utilità e la necessità del loro rispetto, in particolare per gli aspetti relativi alla incolumità fisica propria e degli altri.
· Evocazione di emozioni anche forti; stare su un animale di centinaia di chili e di straordinaria potenza, evoca certamente emozioni come la paura, l'ansia, il senso d'inadeguatezza …, una corretta gestione di queste emozioni, che non vanno assolutamente negate e/o represse, daranno all'allievo sicurezza, autodeterminazione, senso di efficacia ……..
· Evocazione di pulsioni profonde; il cavallo porta, dondola, nell'immaginifico è contemporaneamente Papà (forte, potente, sicuro) e Mamma (che porta, che accoglie, che culla) ma stimola anche pulsioni erotico sessuali, grazie alla posizione del cavaliere che aderisce con la zona perineale alla sella e percepisce gli stimoli derivanti dal movimento, lento e gradevole al passo, più energico al trotto, in un crescendo che trova il suo apice nel galoppo. Anche questo tipo di pulsioni non vanno negate e/o represse, ma portate a livello razionale, comprese e gestite.
Da quanto esposto si evince come andare a cavallo attivi in forma sincrona e contemporanea, tutte le funzioni cognitive, affettivo - relazionali, comportamentali, con particolari punti di forza nelle intelligenze emotive e motorie, permettendo all'allievo di acquisire capacità, conoscenze e saperi, che gli possono consentire di ottenere prestazioni spesso inattese, sia riguardo le funzioni grossolane sia riguardo quelle fini.
Un aspetto interessante è la possibilità di trasferire nelle attività di vita quotidiana le nuove acquisizioni, migliorando autostima, autoefficacia, autonomie personali e sociali.
Tutto questo vale indistintamente per tutti, chiunque vada a cavallo può trarre questi benefici, se ha un Istruttore serio e preparato; per le persone con disabilità, l'Istruttore ha il dovere etico e morale di acquisire la consapevolezza del suo ruolo e di apprendere, attraverso i vari percorsi formativi offerti, le metodologie d'insegnamento più adeguate e rispettose delle esigenze di allievi speciali.
Ogni tipologia di disabilità ha le sue peculiarità, i fisici, i non vedenti, i non udenti ed i mentali evidenziano anche grandi differenze tra loro, in termini di gestione di se stessi nel quotidiano e di aspettative non restringibili unicamente all'attività e al risultato sportivo, all'interno di queste macrodifferenze si evidenziano inoltre aspetti particolari, che prendono il sopravvento sugli altri e che ne influenzano lo sviluppo, per procedere ad una crescita armonica ed armoniosa del binomio, è necessario saper individuare le priorità e lavorare sulle specificità.
L'equitazione per le persone con disabilità è generalmente un'esperienza entusiasmante, permette loro di misurarsi alla pari con persone normali e, a volte, superarle nelle competenze specifiche di disciplina; questo li "riscatta" da posizioni subalterne nelle quali di solito si trovano.